Un “giallo” zoologico in tutti i sensi
Voglio raccontarvi una storia di qualche anno fa, la ricetta ha pochi elementi, ma solidi. Questi comprendono la curiosità, la voglia di scoprire, le conoscenze, le abilità di un criptozoologo ed un ittiologo, un quanto basta di amicizia e un pizzico di follia.
Non c’è del torbido, ma il mistero che aleggiava intorno alla storia ci spinse ad andare avanti, un enigma da risolvere in tutti i sensi anche se in miniatura.
Sono passati ormai un po’ di anni dagli avvenimenti che presero forma in parte grazie alla curiosità del dottor Francesco Tiralongo e in parte grazie alla mia pagina che all’epoca era relegata solo a Facebook.
Era una notte buia e tempestosa del 2015 (non è vero, ma fa più noir), stavo chattando del più e del meno con Francesco quando parlando per caso di criptozoologia mi chiese se sapessi qualcosa riguardo al blennide di Heuvelmans, conoscevo il nome di Bernard Heuvelmans, fu padre putativo della criptozoologia, ma non avevo mai sentito parlare di un blennide con il suo nome e su internet non si trovava traccia ne della descrizione di questa bavosa misteriosa ne di altro.

Francesco all’epoca aveva appena finito di scrivere il suo primo libro sui blennidi delle acque italiane, noti al grande pubblico come bavose, al quale partecipai con qualche disegno e molte foto. Adoro le bavose e spesso mi spingo in acque anche molto basse per fotografarle:
In un palmo d’acqua a caccia di bavose
Proprio studiando le bavose si era imbattuto nel nome dello zoologo belga e mi scrisse proprio:
“La sai la storia di Lipophrys heuvelmansi?”
Ovviamente non ne sapevo nulla, mai nascondere la propria ignoranza.
Questo blennide, secondo alcuni, fu scoperto in Adriatico nel 1986, ma non esisteva nessun sito di rilievo che lo avesse mai riconosciuto, non c’erano foto ne tantomeno disegni e non si riusciva a trovare neanche l’articolo originale della sua descrizione.
Francesco credeva non fosse proprio esistente, infatti, non era neanche riconosciuto dalla comunità scientifica, inoltre dubitava anche dell’esistenza dell’articolo.
La mia risposta fu ben ponderata: “azz il bigfoot delle bavose!“
Sono sempre estremamente tecnico e pacato quando parlo con i colleghi.
Francesco aveva però già fatto i compiti a casa, trovando il titolo del paper:
“Charousset F. (1986) Un nouveau poisson trouvé en Mediterranée. Lipophrys heuvelmansi nov. spec. (la blennie de Heuvelmans). Ezhegodnik Zoologicheskogo Muzeya Akademiia nauk SSSR, No. 13: 10-17.“
Ci sarebbe potuto essere un blennide misterioso, trovato un’unica volta in Croazia, certo non sarà il mostro di Loch Ness o un megalodonte, ma il fascino dell’ignoto ci aveva già abbracciato.
Chiesi a Francesco di scrivere 2 righe rapide da pubblicare sulla pagina Facebook di Scubabiology.
Pochi giorni dopo arrivò il testo di Francesco, contemporaneamente mi dilettai con Photoshop per produrre una finta bavosa di Heuvelmans tutta gialla partendo dalla base di una bavosa gote gialle (Microlipophrys canevae). Una nebbia densa di mistero ancora avvolgeva quella piccola bavosa, ma da li a poco si sarebbe diradata.
Di seguito vi riporto il breve pezzo che scrisse Francesco, se lo avete già letto al tempo potete saltarlo, ma vi suggerisco di rileggerlo:

Un piccolo pesce, dal corpo giallo, appartenente al genere Lipophrys, fu scoperto in Adriatico (acque croate) nell’ormai lontano 1985. Si tratta della bavosa di Heuvelmans, un pesce sicuramente noto maggiormente ai criptozoologi che agli zoologi o ai biologi marini. Per chi non lo sapesse, Bernard Heuvelmans è considerato il padre della criptozoologia, una scienza “nuova” e non considerata vera scienza da molti ricercatori e studiosi, che la guardano con grande sospetto. D’altronde, per una disciplina che molto spesso si occupa dello studio di specie la cui esistenza non è mai stata dimostrata e per le quali esistono solamente “prove” circostanziali, i dubbi ei sospetti sono giustificati. In tutto ciò, a difesa dei veri ricercatori che si occupano in maniera seria di questa disciplina e inseguono con meticolosità scientifica specie difficili da studiare perché fossili, rare, criptiche o viventi in ambienti estremi, è doveroso aggiungere che non tutti basano i loro studi su mere speculazioni, ma, per alcune specie veramente esistenti (o esistite), anche se comunque enigmatiche e misteriose, esistono ormai articoli scritti da criptozoologi coscienziosi, che hanno elevato la criptozoologia avera scienza. Ritornando al nostro piccolo pesce dal colore giallo (pare uniformemente giallo dalle pochissime informazioni disponibili), come abbiamo detto, fu scoperto in Adriatico. L’autore di tale scoperta è François Charousset de Sarre, un ittiologo che nel 1986 pubblica la scoperta della specie nell’articolo “Un nouveau poisson trouvé en Mediterranée. Lipophrys heuvelmansinov. spec. (la blennie de Heuvelmans)” sulla rivista Ezhegodnik Zoologicheskogo Muzeya Imperatorskogo Akademii Nauk (volume 13, pagine da 10 a 17). Curiosi di leggerlo, non siamo riusciti a trovare il lavoro originale e una stringata descrizione di questa specie, che molto probabilmente non esiste, viene riportata senza alcuna foto a contorno a pagina 648 nel testo di Eberhart: Mysterious Creatures: A Guide to Cryptozoology. Scrivendo oggi il nome di Lipophrys heuvelmansi sui motori di ricerca non usciranno più informazioni di quante ne abbiamo date in queste poche righe. I siti più autorevoli in materia ittiologica non contengono alloro interno riferimento alcuno al blennide di Heuvelmans. Non siamo in gradodi dire quindi se L. heuvelmansi sia una tipica “truffa criptozoologica”, tutt’altra specie o, perché no, davvero un blennide di cui poco o nulla si sa, insomma… una specie da criptozoologi.. In tutti i casi, se qualcuno che sappia riconoscerlo dovesse incontrarlo che ce lo faccia sapere pure, riporterà in vita una creatura ad oggi ritenuta irreale.
Francesco Tiralongo
Nonostante il pezzo uscì il sottoscritto e Francesco Tiralongo continuammo a discutere se la specie descritta da François Charousset de Sarre fosse al giorno della discussione ascrivibile al genere Lipophrys o Microlipophrys. Proprio dall’indecisione scelsi di usare una bavosa gote gialle come base del lavoro per il fotoritocco.
Qualcuno, nonostante segnalai bene la cosa, credette che la foto riprendesse un esemplare proprio di blennide di Heuvelmans, del resto in molti credono a foto evidentemente false di mostri marini o robe simili, poi avevo fatto una buona photoshoppata.
Cominciarono subito ad arrivare anche dei commenti pertinenti, qualcuno ipotizzò, a ragione, che de Sarre si fosse imbattuto in un esemplare con livrea gialla di Parablennius pilicornis, la bavosa africana.

L’ipotesi era valida, esistono infatti esemplari di Parablennius pilicornis completamente gialli, ma non ci convinceva, come vedete dall’immagine sopra, i primi avvistamenti della specie in adriatico risalgono al 2004, ben prima della descrizione della supposta specie che stavamo indagando, ci poteva anche stare, ma era molto difficile. Avevamo un indiziato, ma aveva un buon alibi, durante il misfatto si trovava altrove. Era un po’ come se qualcuno fosse accusato di un crimine da qualcun altro perché aveva un vestito dello stesso colore. In questo caso anche il genere non tornava, il genere tassonomico intendo.

La svolta era vicina perché l’articoletto aveva destato la curiosità di Lorenzo Rossi.
Se si parla di criptozoologia il primo nome che mi viene in mente è quello di Lorenzo, lo conoscevo solo di fama ai tempi dei forum, leggevo spessissimo gli articoli sulla sua pagina criptozoo.com e leggevo avidamente tutto il forum. Poi nell’epoca dei social, non mi chiedete come sia successo, siamo diventati amici virtuali. Lorenzo è un vero detective della zoologia e si mise subito in moto:
“Un po’ di pazienza, non resterete delusi”
Ci scrisse.
Ovviamente eravamo sulle spine, ma a breve avrebbe dato un impulso sostanziale per dipanare la matassa.
“I primi elementi già li ho raccolti… la faccenda è un poco intricata ed è citato in causa anche il Museo civico di storia naturale di Milano. Ho anche avuto indicazioni su dove sono custoditi olotipo e paratipo del taxon in questione, ma attendo che i due musei che mi sono stati menzionati mi diano conferma della cosa. Appena avrò raccolto tutte le informazioni stilerò un “rapporto” completo, ma quello che penso di potere dire al momento è che non si tratta di una bufala. Probabilmente potrebbe trattarsi di una descrizione considerata non valida (o non più valida) come spesso accade in zoologia, ma a monte non mi sembra che sia nata con l’intenzione di produrre un falso.”
Un decisivo primo passo avanti era stato fatto, non solo esisteva il paper con descrizione, c’era anche un olotipo (l’esemplare su cui si basa la descrizione originale di una specie biologica). Vi confido che ero emozionato!
Da li a poco Lorenzo, che era riuscito a scovare il paper originale, ci mandò un PDF, il disegno del blennide sembrava non lasciare dubbi

Sembrava proprio una bavosa gote gialle, Francesco rispose subito al dibattito così:
“Il disegno generico del corpo e i 13 raggi spinosi della dorsale mi portano a pensare proprio a Microlipophrys canevae… ironia della sorte, la specie scelta da Fabio per il blennide di Heuvelmans!“
Nell’articolo descrittivo della specie, che nominava il pesce proprio in onore di Bernard Heuvelmans, veniva anche inserita la bavosa gote gialle come specie diversa. L’idea fu che Charousset de Sarre si fosse trovato davanti ad una semplice bavosa gote gialle (o a limite ad una specie estremamente simile). Che François Charousset de Sarre non conoscesse le differenze cromatiche fra il maschio e la femmina della bavosa gote gialle? Quello dei caratteri sessuali secondari di alcune specie, che vengono descritti come specie a se stanti, è un problema che in passato ha afflitto parecchie descrizioni, non sarebbe una novità quindi, ma allora perché nessuno aveva indagato prima?

la descrizione nell’articolo originale:
“Testa di un giallo intenso, ad eccezione di una banda nera che si estende dal bordo inferiore della mascella per raggiungere il primo raggio della pinna dorsale, la testa è arancione ventralmente; leggera cresta a livello della nuca; pinna dorsale con 13 raggi spinosi; 7 pori preopercolari“.
I caratteri meristici delle due specie collimano perfettamente, ma non eravamo sicuri anche perchè comunque l’autore fu in grado di distinguere L. heuvelmansi da L. canevae.
Mancava la prova inappellabile, l’arma del delitto con le impronte dell’accusato sopra, per intenderci.
Il mistero non era ancora risolto, ma ad ogni punto di svolta nelle indagini c’era Lorenzo in agguato, che riuscì nell’impresa di trovare i contatti François Charousset De Sarre e Olivier Glaizot, ricercatore del Museo Zoologico di Losanna, in Svizzera, dove era custodito il paratipo dell’esemplare. Francesco contattò i due che furono molto cordiali e si misero a disposizione, furono di importanza fondamentale per arrivare a poter risolvere l’enigma che avviluppava il blennide.
A questo puto della l’incrollabile determinazione di Francesco venne a galla, il mistero andava risolto e l’unico modo per farlo con certezza era avere fra le mani l’esemplare originale, quindi decise, sarebbe andato a Losanna per vedere con i suoi occhi.
A giugno dello stesso anno accompagnato dall’amico Emanuele Mancini, bentonologo e scienziato più che meticoloso, Francesco partì per la Svizzera, mi chiese se avessi voluto accompagnarlo, ma ero terribilmente preso da alcuni impegni e non potei partecipare alla spedizione.
Da buon segugio Francesco pensò bene di portarsi con se la prova schiacciante, quella che avrebbe chiuso il caso, un esemplare di bavosa gote gialle da confrontare con il mitico blennide, un esemplare tirrenico attualmente conservato nella collezione zoologica dell’Ente Fauna Marina Mediterranea con codice #EFMM180615.
Arrivato al museo incontra il curatore, mette le zampe sull’olotipo apre il barattolo e mette vicino i due esemplari:

Il paratipo è conservato in alcool, l’esemplare risultò molto disidratato, ma complessivamente ben conservato, a fianco Francesco Emanuele era teso. Per fortuna irrigidendosi l’esemplare di Losanna era rimasto con le pinne tese, se le avesse avute ritratte sarebbe stato impossibile stendere di nuovo!
Il caso è chiuso vostro onore, la prova schiacciante è nostra, la mitica bavosa di Heuvelmans è nient’altro che un maschio di bavosa gote gialle.
Del resto la descrizione di De Sarre era chiara, anche se in alcuni punti, ad avviso di Francesco, un po’ forzata, forse anche volutamente.
Eravamo delusi? Assolutamente no, all’inizio la risposta del rebus era tutt’altro che scontata e anche quando sembrava indirizzata bene, dipanare il dubbio non era stato certo facile o a portata di mano.
Se volete approfondire la storia dagli occhi di Francesco questo è il suo articolo su criptozoo:
A caso chiuso si fa una sentenza e si tirano le somme, adesso siamo sicuri che Lipophrys heuvelmansi è un sinonimo (in questi casi si dice junior) di Microlipophrys canevae, non manca altro che gli atti del processo, così i 4 investigatori cominciarono a scrivere un memorandum, in questo caso un’articolo scientifico, per rendere noto a tutti il loro lavoro:
Lipophrys heuvelmansi Charousset, 1986 (Pisces Blenniidae): history and identity of a fish
Ad oggi se googolate Lipophrys heuvelmansi troverete già la soluzione bella e pronta, ma a noi costò non poca fatica.

Con minuzia eravamo passati per i principali punti per la risoluzione di un mistero:
- Raccolta di indizi: Raccogliere tutti gli indizi disponibili, inclusi testimoni oculari, prove fisiche e altro materiale pertinente.
- Analisi degli indizi: Analizzare gli indizi raccolti per identificare modelli, collegamenti e potenziali sospetti.
- Interrogatori: Condurre interviste e interrogatori con le persone coinvolte o che potrebbero avere informazioni rilevanti sul mistero.
- Ricerca di informazioni: Effettuare ricerche approfondite per ottenere ulteriori informazioni o prove che possono essere utili per risolvere il mistero.
- Valutazione delle ipotesi: Considerare diverse ipotesi o teorie sulle circostanze del mistero e valutare la loro plausibilità in base alle prove disponibili.
- Ricostruzione degli eventi: Ricreare una sequenza plausibile degli eventi basata sugli indizi e sulle prove disponibili.
- Collaborazione: Collaborare con altri investigatori o esperti nei campi correlati per ottenere prospettive diverse e competenze specialistiche.
- Risoluzione: Utilizzare la logica e il ragionamento deduttivo per risolvere il mistero e identificare il responsabile o la spiegazione dei fatti.
- Documentazione: Documentare accuratamente tutte le prove, le conclusioni e il processo di risoluzione del mistero per futuri riferimenti o pubblicazioni.
- Comunicazione: Comunicare chiaramente i risultati della risoluzione del mistero alle autorità competenti o al pubblico interessato, se appropriato.
Dieci anni dopo questa bella storia penso abbia ancora il fascino e la freschezza per essere ancora raccontata.
Prima di lasciarvi vi voglio consigliare un libro sulle bavose del Mediterraneo, lo potete acquistare su Amazon, è la nuova versione del libro di Francesco Tiralongo che già vi ho segnalato sopra:

Blennies of the Mediterranean Sea: Biology and identification of Blenniidae Clinidae Tripterygiidae
E in ultimo, ma non per ultimo, il canale YouTube di Lorenzo Rossi dove trovate degli interessanti video a tema criptozoologico:
Criptozoo
Fabio Russo
