Non vi parlerò di gente comune che cerca pesci provenienti dallo spazio profondo o da pianeti extra sistema solare, infatti, il termine alieno ha in biologia un significato ben diverso da extraterrestre.
Per capire bene le differenze vi invito a guardare un mio video su youtube.
Ebbene si, sono qui di nuovo a parlarvi di quanto “l’internet” possa essere un mezzo estremamente positivo per i ricercatori e per chi è sempre in cerca di nuove scoperte anche nel campo della biologia marina.
Non vi ricordate l’ultima volta che ve ne ho parlato?
Facilissimo recuperatevi l’articoletto “Relazioni nascoste” un caso emblematico di come proprio la rete e in special modo i social network aiutino segretamente i biologi marini.
Nel 2012 nasce in seno all’ Ente Fauna Marina Mediterranea (del quale sono delegato per la regione Campania NdR) il progetto Alien fish, un lavoro che auspicava un piano di monitoraggio sulle specie ittiche rare e non indigene (aliene appunto) nei mari italiani.
Si chiedeva agli utenti, soprattutto quelli di facebook, che avessero in qualsiasi modo contatti con le specie ittiche italiane, di segnalare casi di avvistamento/cattura di pesci strani, insoliti o semplicemente mai visti. Il progetto è anche elencato nel sito web EASIN (European Alien Species Information Network), assieme ad altri progetti europei di “citizen science”.

Che diavolo si intende con “citizen science”, tradotto pari pari significa scienza del cittadino, in pratica si tratta di attività di ricerca mirate in modo che anche semplici persone comuni possano contribuire alla ricerca scientifica.
Bene, il progetto ha da poco dato alla luce la prima pubblicazione scientifica con i primissimi dati alla quale ho avuto la possibilità di partecipare accostando il mio nome a quello di altri grandi ed esimi colleghi.
Tutto il lavoro è stato organizzato e magistralmente diretto dal Dottor Francesco Tiralongo, che se pur giovanissimo è ormai un punto di riferimento per l’ittiologia italiana.
L’articolo si intitola: “Snapshot of rare, exotic and overlooked fish species in the Italian seas: A citizen science survey” (link se cliccate sul titolo al lavoro in inglese) che tradotto significa;
“Istantanea di specie ittiche rare, esotiche e trascurate nei mari italiani: un’indagine di scienza del cittadino.”
Cosa è emerso da questo lavoro?
In parole povere, sintetizzando e semplificando all’estremo, che di pesci alloctoni ce ne sono ancora pochi nelle acque italiane se escludiamo il pesce coniglio (Siganus luridus) nell’area di Lampedusa e il pesce flauto del Mar Rosso (Fistularia commersonii) nel resto della penisola, alcune specie termofile (che amano le acque calde) sembrano aumentare la loro diffusione ed abbondanza e si sono potute appurare alcune segnalazioni rilevanti di specie indigene rare.
La presenza e l’adattamento alle nostre acque di specie alloctone e l’espansione di specie termofile sono indici rilevanti di un fenomeno noto come tropicalizzazione delle acque del Mediterraneo, questo fenomeno è favorito, ovviamente, dal riscaldamento delle acque del Mediterraneo, fatto molto ben documentato.

Il Mar Mediterraneo infatti si sta riscaldando molto rapidamente e questa evoluzione termica ovviamente aiuta qualche specie e svantaggia altre.
Il 90% dei fruitori della pagina sarà soddisfatto e si fermerà qui nella lettura, io seguiterò però con qualche piccolo approfondimento, qualche chicca e le mie segnalazioni.
I dati che sono stati inviati via internet presentano un aspetto secondo me molto incoraggiante:

Come si può leggere dal grafico a torta (è così che si chiama questo tipo di rappresentazione visiva) la maggior parte dei dati raccolti viene dalla fotografia subacquea (22.58%), questa è una bellissima notizia per me che già più di venti anni fa auspicavo che con l’evoluzione della fotografia digitale, fino ad arrivare all’abbattimento dei costi di questa attività avrebbero aiutato la nostra comprensione del mare. Parecchi anni fa la fotografia subacquea era un’attività d’élite, oggi chiunque può cimentarsi con pochi fondi, certo i risultati non sono sempre spettacolari ma sono spesso estremamente interessanti dal punto di vista scientifico.
La restante percentuale di osservazione (tranne 2 dati da 1,61 percento di osservazioni da parte di subacquei e di specie spiaggiate, beached) sono inequivocabilmente legate alla pesca, questo evidenzia come per un ricercatore sia importante tenere sotto controllo anche tutte le attività sia ludiche che professionali legate al mondo della pesca. Bisogna quindi puntare ugualmente su una maggiore istruzione alla curiosità anche dei pescatori, cercando di spingerli più spesso a condividere incontri inconsueti e per loro strani.
I numeri sono incoraggianti, nel 2019 i partecipanti sono stati complessivamente 80, con 124 avvistamenti validati di specie ittiche bersaglio, per un totale di 320 individui registrati distribuiti in 40 specie e 30 famiglie.
Fra i pesci ossei autoctoni più rilevanti registrati durante il periodo di studio c’è una mia segnalazione quella dello scorpenode mediterraneo (Scorpaenodes arenai)

Ero stato allertato dal mio compagno di immersione, Francesco De Rosa, della presenza di un tanto sfuggente quanto strano scorfano all’interno di alcune cavità presso un punto di immersione a Massa Lubrense (NA), l’immersione seguente con un po’ di fortuna sono riuscito ad immortalare e quindi a segnalare la presenza di questo pescetto nell’area. Si tratta di una specie considerata molto rara, ritrovata in una zona ristretta dello Stretto di Messina, tra Capo Peloro e Cannitello e a Punta Pezzo e Ganzirri, era già anche segnalata per il golfo di Napoli ma per profondità non accessibili ai sub, tanto che le osservazioni furono fatte grazie ad un ROV (Sottomarino a comando remoto), l’avvistamento da parte dei subacquei è ancora più raro, infatti, di foto realizzate in natura ne esistono pochissimi.
Un’altra mia osservazione di specie autoctona poco comune riguarda un’esemplare di murena monaca (Gymnothorax unicolor) fotografata alla montagna di Scilla, sicuramente l’osservazione non è eclatante come quella dello scorpenode ma non si tratta neanche di una consuetudine per quelle acque.

Fra le specie termofile invece, insieme ad un nutrito gruppo di amici subacquei sorrentini, abbiamo segnalato la presenza dello scaro o pesce pappagallo mediterraneo (Sparisoma cretense) sempre nelle acque della AMP di Punta Campanella, sino a pochi anni fa questa specie non era presente in Penisola Sorrentina mentre ad oggi gli esemplari sembrano ben insediati all’interno della piccola baia di Puolo a Massa Lubrense.

Fra le principali specie non indigene segnalate troviamo il pesce flauto (Fistularia commersonii) (già segnalata da me in un altro lavoro sempre per le acque della penisola sorrentina), il monacanto reticolato (Stephanolepis diaspros), il pesce coniglio (Siganus luridus) e, una specie sicuramente da tenere d’occhio il pesce palla mauclato (Lagocephalus sceleratus), che, come gli altri tetradontidi, è tossico e può essere anche mortale se consumato. Tutte le specie di pesci alloctoni dello studio sono lessepsiani, ossia, entrati in Mediterraneo tramite il Canale di Suez. Altre specie presenti nel lavoro invece, sono recentemente entrate dallo stretto di Gibilterra; in questo caso le specie segnalate devono essere considerate disperse naturalmente, anche se molte di queste si sono adattate grazie all’aumento delle temperature del Mediterraneo, è il caso del grugnitore bastardo (Pomadasys incisus).

Vi potrei parlare ancora a lungo delle molte segnalazioni di questo lavoro, ma sarei sicuramente ripetitivo, vi rimando quindi di nuovo all’articolo originale, facilissimo anche se in inglese:
Snapshot of rare, exotic and overlooked fish species in the Italian seas: A citizen science survey
Francesco Tiralongo, Fabio Crocetta, Emilio Riginella, Antonio Oscar Lillo, Elena Tondo, Armando Macali, Emanuele Mancini, Fabio Russo, Salvatore Coco, Giuseppe Paolillo, Ernesto Azzurro.
Vi invito inoltre a partecipare al progetto, che ovviamente non si esaurisce con questo paper ma prosegue:
https://www.facebook.com/alienfish/
Facciamo crescere insieme la conoscenza del nostro mare e alziamo un po’ quella percentuale di fotosub.
Fabio Russo